
Il viaggio che abbiamo deciso di intraprendere per dare un contenuto alla nostra lettera “W” ci porta ai confini del mondo, proprio dall’altra parte dell’emisfero, in un territorio bellissimo e per certi aspetti molto simile all’Italia; siamo arrivati in Nuova Zelanda. Waitangi è una piccola cittadina del Northland, nella parte più settentrionale dell’Isola. È famosa da un punto di vista storico perché nel 1840 vi fu stipulato il patto che pose fine ai conflitti fra Impero Britannico e residenti Maori riconoscendo il territorio e i suoi abitanti come appartenenti alla Corona inglese. Bellissima storia, ma cosa c’entra con il vino, vi starete chiedendo?! A Waitangi ha avuto origine l’inizio della coltivazione della vite in terra Neozelandese.
Il vino in Nuova Zelanda
La popolazione Maori non si era mai dedicata alla coltivazione della vite perché in Nuova Zelanda non era presente la famiglia della Vitis Vinifera. Per avere la coltivazione della vite dobbiamo attendere il colonialismo. Fu proprio un missionario, Samuel Marsden, che nel 1819 dette inizio alla coltivazione della vite in questi territori. Nel 1836 lo scozzese James Busby diventò il primo produttore vinicolo della zona piantando alcuni vigneti proprio nell’areale del Waitangi. Il vino prodotto era un vino bianco, frizzante e leggero molto “beverino”.
Il primo ‘900
Successivamente molti altri coltivatori seguirono le orme di Busby compreso, nel 1902, il libanese Assid Abraham Corban che avviò con grande successo la casa vinicola Corbans Mount Lebanon Vineyards, nella parte meridionale dell’isola vicino alle pendici del monte Lebanon. Agli inizi del 1900 anche la Nuova Zelanda venne colpita dal flagello della fillossera e solo grazie ai preziosi consigli di Romeo Bragato, illustre agronomo specializzato in viticoltura, si acquistarono ingenti quantitativi di portainnesti americani.

L’orgoglio del popolo neozelandese però portò alla sperimentazione di altri tentativi per salvare la vite senza usare i portainnesti provenienti dall’America: furono piantate delle viti selvatiche di cloni simili al “lambrusco” chiamati Albany Surprise (che pur dando grosse rese davano origine a vini di pessima qualità). La fillossera ridusse moltissimo la superficie vitata dell’isola ma il colpo di grazia fu dato nel 1914 dall’introduzione del proibizionismo che mise al bando i produttori di vino.
Nel secondo ‘900
Fino agli anni ’50 la produzione di bevande alcoliche in Nuova Zelanda era data soprattutto da vini fortificati di scarsissima qualità. L’intensificarsi degli scambi commerciali con l’Europa dagli inizi degli anni settanta portò un brusco cambiamento di rotta negli usi locali. Si pensi che negli anni sessanta circa l’85% della produzione nazionale riguardava vini fortificati mentre agli inizi degli anni ’80 si era ridotta ad appena il 10% a vantaggio di produzione di vini da tavola.
Le prime viti utilizzate non portavano a qualità eccelse (Chasselas, Seibel e Baco) e vennero ben presto sostituite con vitigni internazionali migliori quali Muller-Thurgau, Chenin Blanc e Cabernet Sauvignon. Il cambiamento vitivinicolo è stato epocale dando origine a vini sempre più apprezzati e premiati in tutto il mondo. Gli straordinari Sauvignon Blanc ma anche Chardonnay e Pinot Noir sono diventati i vini emergenti di questi ultimi anni. Con le uve di Pinot Noir si producono anche ottimi spumanti.
Il territorio
La Nuova Zelanda è costituita, da un punto di vista geografico, da due isole: l’Isola del Nord e l’Isola del Sud. Grazie alle diverse condizioni climatiche si hanno anche produzioni vinicole differenti e ben caratterizzanti il terroir. L’Isola del Nord ha un clima marittimo simile alla zona di Bordeaux mentre l’Isola del Sud risulta più fredda, soleggiata e con clima più secco. Il 40% della produzione locale è data dai terreni posti nell’Isola del Nord. Chardonnay, Muller-Thurgau e Sauvignon Blanc.

Nell’Isola del Nord c’è anche Northland dove furono fatte le prime coltivazioni di uva e dove adesso si producono interessantissimi Cabernet Sauvignon e Merlot. L’isola del Sud ha avuto una conversione alla viticoltura molto più lenta perché i terreni sembravano meno vocati. Oggi Marlborough è la zona vitivinicola più estesa e produce ottimi Sauvignon Blanc mentre più a Nord-Ovest possiamo trovare le migliori produzioni di Pinot Noir. Più a Sud abbiamo le produzioni di Chardonnay e Riesling.
Il vino di Marlborough
Il vero successo dell’Isola porta il nome di Sauvignon Blanc e si identifica con il territorio di Marlborough. I vini prodotti in questo territorio hanno una ricchezza aromatica tale da non essere da meno rispetto a quelli della Loira, patria di questo vitigno. Aromi vegetali e fruttati conferiscono bouquet intensi che avvolgono olfatto e bocca del degustatore.
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Il più famoso vino neozelandese è il Cloudy Bay e prende il nome dalla baia su cui si affaccia il distretto di Marlborough. Questo vino nasce per volontà di due australiani David Hohen (titolare dell’azienda Cape Mentelle nella Margare River) e l’enologo Kevin Judd. La prima annata del Cloudy Bay, 1985, interamente prodotta con uve comprate da altri proprietari, vinse in un Wine Challenge londinese, l’anno successivo, la medaglia d’oro quale miglior Sauvignon Blanc del mondo.