I tannini si trovano in natura e non solo nel vino, ma cosa sono e a cosa servono? In natura il tannino lo possiamo trovare nella corteccia degli alberi e in alcuni tipi di frutta; il suo è un ruolo di protezione nei confronti della pianta poiché la rende meno gustosa e quindi meno attaccabile dagli erbivori. Sono della famiglia dei polifenoli, solubili in acqua e dal sapore astringente e amarognolo.

La prima volta che si parlò di tannini fu nel 1796 nel campo delle concerie; il loro utilizzo, infatti, impediva la putrefazione delle pelli e favoriva la formazione del cuoio. Estrarre tannino è stata una pratica molto usata soprattutto nelle valli alpine contribuendo all’economia delle vallate. Qui, infatti troviamo boschi di castagno e quercia la cui corteccia ne è molto ricca. I tannini sono presenti anche in alcuni frutti dal sapore astringente come ad esempio i cachi, le nespole, la mela cotogna, il melograno e naturalmente l’uva.
I tannini nel vino
Torniamo, allora, al nostro vino e all’importanza che hanno i tannini in esso. I tannini sono sostanze del vino che appartengono, come abbiamo detto, alla famiglia dei polifenoli. Essi sono presenti principalmente nella buccia, nei vinaccioli e nei raspi, soprattutto delle uve a bacca rossa. La macerazione contribuisce al suo rilascio nel vino; per questo motivo, i vini sottoposti a lunghe macerazioni, hanno un maggior quantitativo di tannino e si tratta normalmente di vini rossi, nei quali si cerca struttura e complessità. I tannini hanno un ruolo molto importante nell’arricchire la struttura e la conservabilità del vino, per questo i vini con un alto contenuto di tannini sono quelli che più si prestano all’invecchiamento in bottiglia (ad esempio Nebbiolo, Sangiovese, Sagrantino o Amarone).
La vinificazione in rosso
Nelle vinificazioni in rosso le uve vengono pressate con parte dei raspi e successivamente il mosto viene lasciato per alcuni giorni in contatto con le bucce. Questa operazione è necessaria ad estrarre il colore che, come è noto, si trova nelle bucce e non nella polpa dell’uva. Il contatto tra mosto e bucce (e vinaccioli) fa sì che il vino diventi via via più tannico. La tannicità nel vino conferisce astringenza talvolta accompagnata da una sapore amaro, provoca secchezza e rugosità alla lingua e alla mucosa della bocca. Questo senso di secchezza e astringenza al palato rende questi vini perfetti da abbinare a piatti elaborati e grassi.

I tannini, poi vengono acquisiti dal vino anche durante la fase dell’affinamento in legno (si prendono proprio dal legno della botte o di altro recipiente usato) e servono per conferire al vino maggiore carattere di complessità e avvolgenza. In degustazione i tannini fanno parte delle componenti dure (insieme a acidità e sapidità) e si contrappongono alle parti morbide composte da alcolicità, morbidezza e zuccheri. L’equilibrio fra le due parti o la tendenza verso l’una o l’altra sono quell’aspetto che va a caratterizzare il gusto del vino. Per descrivere un vino da un punto di vista gustativo abbiamo i descrittori della tannicità, secondo i quali un vino può essere definito: allappante (percezione tannica eccessiva), tannico (dominanza tannica) giustamente tannico (piacevole percezione dei tannini), poco tannico (presenza appena percettibile dei tannini).
Ma non tutti i vitigni sono uguali. Alcuni vitigni sono in grado di cedere molti più tannini al vino rispetto ad altri. Tra i vini più tannici in assoluto c’è il Sagrantino di Montefalco e il raro Tazzelenghe (dal dialetto friulano “taglia lingue”). Nei vini giovani i tannini possono essere un po’ fastidiosi poiché hanno bisogno di tempo per armonizzarsi con il vino. In questi casi i sommelier parlano di tannini “verdi” (acerbi) rispetto a vini con un affinamento maggiore nei quali i tannini, “maturi”, tendono ad ammorbidirsi e ad integrarsi maggiormente con il sapore del vino.
Anche le uve bianche contengono tannini?
Fino a questo punto abbiamo parlato sempre di vinificazione in rosso e di uve a bacca rossa ma i tannini li possiamo trovare anche nelle uve a bacca bianca. Le uve bianche ne contengono in minor quantità e durante la vinificazione vengono subito separate dal mosto. Ci sono però delle eccezioni eccellenti. Alcuni produttori riservano ai propri vini bianchi un trattamento particolare, prevedendo un certo periodo di macerazione sulle bucce. Questa tecnica permette di ottenere vini più strutturati, con note molto particolari.

Un effetto collaterale di questa tecnica, però, è la presenza dei tannini che dalle bucce vengono ceduti al vino rendendolo moderatamente tannico. In questo caso non rappresenta un difetto ma una particolarità. Oltre a queste macerazioni particolari altro motivo per cui possiamo trovare i tannini nella vinificazione in bianco è dovuto all’invecchiamento. Fonte di tannini, infatti, è anche il legno delle botti e delle barrique che oggi vengono spesso usate anche per vinificare o affinare i vini bianchi. Questi tannini sono lievemente diversi da quelli ceduti da bucce, raspi e vinaccioli ma l’effetto in bocca è del tutto simile: lieve astringenza, bocca asciutta e un leggero sapore amaro. Anche in questo caso non si può parlare di difettosità ma di particolarità fortemente voluta dal produttore.
I tannini, in ultimo, si ritengono anche responsabili di alcuni dei benefici effetti sulla salute di questa bevanda visto la presenza in essi di antiossidanti. Da studi effettuati su consumatori di questa bevanda è emerso che se si consuma il vino rosso con moderazione, può addirittura prevenire l’insorgenza di malattie cardiovascolari.