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Il Dosso Franciacorta: la cantina di Luca Archetti

Il WINEndante ad assaporar colli, cantine e luoghi, alla cantina il Dosso Franciacorta.

Al Dosso, la cantina più piccola del consorzio Franciacorta, le produzioni a bacca rossa sono sapide e intense come le parole di Luca Archetti: proprietario, commerciale, designer delle sue bottiglie. Vignaiolo in purezza.
Lo dicono anche le recensioni: Luca Archetti non è tipo ordinario. Ma nulla è ordinario in questo frammento di Franciacorta.

A partire dalla produzione. Gli altri si orientano sulla bacca bianca, al Dosso sulla bacca rossa. A ricevere gli ospiti c’è una vera fattoria con trattore e macchine agricole parcheggiate sotto gli ulivi. E il locale degustazione? All’ingresso staziona una 500 azzurra; dentro ti accoglie un’atmosfera di casa, lontana anni luce dalle sale di altre cantine, con i mobili provvisti di rotelle per cambiare il lay out a seconda degli eventi.

Qui invece tutto sembra “stare”. La credenza con le foto di famiglia fermate dallo scotch; le cartine d’Italia e Europa appese al muro (e i pin per segnalare la provenienza dei visitatori); il lungo tavolo di legno.

La stufa irradia un calore buono, la luce nuova dell’anno si spande dalla porta finestra e illumina, in bella mostra alla parete, la teoria di bottiglie, ritte come soldati in battaglia. E i nomi ricordano soldati: Alternativo (Carmenere in purezza), Incompreso (Barbera in purezza), Calvario (taglio Bordolese).

Ogni vino è un tranche de vie, racconta un pezzo di vita del proprietario oltre che di vite.

luca archetti il dosso franciacorta

“Non sono un intrattenitore di gente curiosa. Sono un produttore di emozioni, trasformate in vino”

La vendita si fa tutta intorno a questo tavolo. Chi viene è davvero interessato perché, come dice l’Archetti: “Se no vai a fare un giro, vai al lago…io non sono un intrattenitore. Sono un produttore di emozioni”. È avvolgente quel suo parlare schietto, saltando da un racconto biografico all’altro. Il padre contadino che passato precocemente a miglior vita gli consegna le viti; il figlio rugbista che s’intende di Internet: “Io non ci capisco, tanti like, ma con un like mica comprano una bottiglia”.

I 6 ettari della tenuta li conosce come il palmo di mano, ci lavora anche 15 ore al giorno. Alla base di vini quintessenziali c’è l’ossessivo lavoro sulle radici. Le viti devono cavar nutrienti dalla terra da sole, senza concime: “Perché se a un figlio gli lasci 100 euro sul comodino ogni mattina con che stimolo va a cercarsi un lavoro? Così si porta la terra nella bottiglia”.

E sentiamola, questa terra. Assaggiamo Alternativo, quanto è buono il fieno maggengo?, Calvario, il barricato vanto della casa. Per Cento per Cento rintracciamo insieme nella memoria quel sentore di crostata con il “brucicchio” di marmellata nel forno -marmellata ai frutti di bosco, ribadisce lui-.

Infine il passito Selezione Augusto, accompagnato con cioccolato fondente al 95%: rivitalizzerebbe un morto.

Alla domanda se la tradizione della cantina proseguirà, lo sguardo del vignaiolo va alla foto del padre Augusto sulla credenza -sorridente, la vanga in mano-

“Mio figlio sa come si lavora qui. Se mai vorrà, un giorno questa pazzia sarà sua”.