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Tra le donne di Castelveder Franciacorta

Il WINEndante, ad assaporar colli, cantine e luoghi, nella Cantina Castelveder Franciacorta.

Alla scoperta del Saccharomyces cerevisiae, prezioso alleato di panificatori e vignaioli, in una delle cantine più rosa della Franciacorta.

L’anima di Castelveder è decisamente femminile. Ma di quella razza di femmine forti, tipiche di queste lande lombarde. Come la capostipite: Elena Alberti Nulli, classe 1926.

“Viene qui tutte le mattine, alle 10.30. Fa colazione in cucina e si fuma la sua prima sigaretta.”

“Fuma, alla sua età?”

“Sempre. Ma solo Philip Morris Blu.”

Sono gossip affettuosi quelli che racconta il nipote della fondatrice: “uno dei pochi maschi qui dentro!” commenta ridendo. L’anima della cantina infatti è decisamente femminile. Ma non di femmine fragili “con facì smurtì de santarele”*. Di donne forti come la capostipite, Elena Alberti Nulli, classe 1926. Insegnante, autrice, poetessa (suo il verso citato, in dialetto bresciano) attiva nell’associazione nazionale Le donne del Vino. Nel 1975 ha cominciato ad occuparsi della cantina e ancora oggi che il testimone è passato a Camilla Alberti, non le scappa nulla.

Il nipote stesso invita a tornare in un giorno di calma per sincerarsene. Ora non c’è tempo: in occasione del Festival Franciacorta infatti, la Cantina Castelveder ha organizzato una degustazione particolare, tutta dedicata al Saccharomyces cerevisiae, il lievito. È a lui che si deve quel fragrante sentore di crosta di pane che arricchisce il bouquet delle produzioni della casa.

La degustazione nella cantina Castelveder Franciacorta

E la degustazione odierna è basata su un connubio inconsueto, tre Franciacorta e tre prodotti da forno contenenti essi stessi il Saccharomyces cerevisiae. Accompagnamento umile solo in apparenza. Le farine provengono da grani antichi, selezionate da Mastro Fornaio Simone Grezzi e le cotture hanno l’imprimatur di Oscar Banalotti, Patron della Pizzeria gourmet A Casa Mia di Gardone Riviera.

Al tavolo nell’accogliente saletta -tutto è accogliente a Castelveder- c’è una coppia, lui e lei, sorridenti.

“Vengo da Genova per mangiare cosa, la fügassa?!” dice lui costernato guardando il menù. Ma si ricrede appena arrivano i deliziosi lievitati, impreziositi da alici cantabriche, burrata, pomodorini secchi, irrorati da olio evo.

In abbinamento calici di Brut Rosé, Pas Dosé, Satèn.

Nella sala al chiacchiericcio si è sostituito il silenzio, derivato da uno shock piacevole, olfattivo e papillare: l’accoppiata bollicine/focaccine ad ogni boccone sembra sempre meno ardita.

Anche il genovese è positivamente impressionato:“Vai, adesso smontiamo un altro stereotipo sui liguri e il loro braccino corto” -dice alla moglie- “…andiamo a comprare qualche bottiglia di Satèn”.

Ci avviamo insieme all’uscita, dove già un altro gruppo di winendanti si assiepa per partecipare al turno successivo. Spiano di sottecchi i nostri sguardi, forse per assicurarsi che l’esperienza valga il viaggio e la spesa (li vale).

Fuori è una giornata gloriosa di inizio autunno, con gli alberi incoronati di foglie d’oro stagliati nel cielo terso.

Chissà se Elena gli dedicherebbe una poesia, uno dei suoi deliziosi “scarabòcc del temp”.

*”con i visi smunti da santarelle”, dalla poesia Le Margherite, 2015