Oggi vi racconto di quella volta in cui, per la prima volta, mi sono imbattuto nelle “buchette del vino“. Un giorno d’autunno stavo passeggiando per le vie di Firenze, tra palazzi, strade e portoni visti molte volte. Ma quel giorno, per puro caso, la mia attenzione è caduta su uno strano buco nella facciata di un edificio nobiliare. Una piccola porticina di legno era stata posizionata a difesa di quella strana fessura. Una cornice importante fatta di pietra lavorata lasciava intendere che quella cosa non era lì per caso.

Mentre continuavo a camminare, ho iniziato a pensare a quale potesse essere la sua funzione: forse per la posta o per lo scambio di una qualche mercanzia segreta. Non ne avevo mai viste prima, ma la forma mi incuriosiva. Non tonda, non rettangolare, ma allungata a cuspide. Fosse stata fatta in basso, invece che ad altezza d’uomo, poteva sembrare un passaggio rinascimentale per gatti blasonati. Dopo qualche passo in un’altra strada eccone un’altra, e poi un’altra ancora, ma di legno, ricavata in un portone. All’improvviso tutta Firenze ne sembrava piena. Allora, fatte due ricerche, ho scoperto una cosa semplice ma meravigliosa: le “buchette del vino”. Sicuramente in Toscana si chiamano “buette”, vista l’avversione alla lettera C, ma ora finalmente con o senza C ne conosco il significato.
Le buchette del vino: una tradizione fiorentina
Si tratta di una mirabile tradizione fiorentina, anche se ci sono ben 18 buchette anche a Pistoia e sono state trovate anche in altre città toscane. Una forma di commercio al minuto del vino, direttamente di fianco alle entrate dei prestigiosi palazzi rinascimentali. Pur sempre nobili erano e le buchette avevano il compito di permettere di vendere il vino con discrezione direttamente in strada, evitando così il costo dell’intermediazione dell’oste. La possiamo definire una delle prime forme di Street Food/Wine nella storia.

Un passaggio fra un vano interno situato al piano terra e facilmente collegabile alla cantina e alla strada. Con questo sistema ogni famiglia aristocratica, che possedeva terreni coltivati a vite fuori dalla città, smerciava direttamente il vino ai viandanti. La forma non era casuale; piccola e stretta per passare quasi inosservata nelle belle facciate, ma sufficientemente alta per permettere lo scambio del “fiasco”.
Il fiasco e le buchette: patrimonio culturale fiorentino
Sì, proprio lui, il tipico fiasco impagliato toscano che veniva messo nella buchetta, dopo aver bussato con il batacchio alla porticina, riempito dall’altra parte e restituito in cambio del corrispettivo denaro. Il tutto nella più completa eleganza, tanto da garantirsi il nome di “tabernacoli del vino”, ma sicuramente non gradito dagli osti della città. Ad oggi, nella sola città di Firenze, ne esistono 170. Ognuna ha il proprio stile e sembra proprio che una di esse, in via Santo Spirito (mai nome fu più azzeccato), sia stata riaperta mantenendo l’antica funzione di “dissetare il viandante” in chiave turistica.

Ma essendo nobili di blasone e pure di cuore, le “buchette” erano anche utilizzate per fare nel più completo anonimato opera di beneficenza. Infatti si usava lasciare nel piccolo vano del cibo e una brocca di vino per i più bisognosi. Oggi esistono associazioni sulla riscoperta di questo fantastico patrimonio culturale fiorentino e anche numerosi libri e articoli per chi volesse documentarsi maggiormente.
Caccia alle “buchette del vino” a Firenze e a Pistoia
Comunque, se volete passare una giornata differente in famiglia o fra amici, perché non organizzare una strabiliante caccia al tesoro per le vie di Firenze o Pistoia? Una bella “caccia alla buchetta”: io ne ho scovate 7 in due ore e come premio per la vittoria mi sono concesso una bella visita in cantina con tanto di degustazione. Ovviamente alla Tenuta Bossi – Marchesi Gondi, che oltre alla degustazione di vini eccellenti potrà colmare tutte le vostre curiosità proprio sulle “buchette del vino”, avendola usata nel loro palazzo fiorentino fino a pochi anni fa.
